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Per essere attori è necessario svestirsi della propria identità privata.
Se la recita di se stessi appartiene alla vita quotidiana, sulla scena si pretende viva qualcun altro, lo si voglia chiamare personaggio, carattere, doppio o in altro modo. Liberarsi del proprio io privato costituisce per apprendisti ed esordienti un passaggio arduo e talvolta controverso.
Come dissociarsi dall'identità espressa dal proprio volto? Indossando una maschera il problema sembrerebbe risolto in partenza. Non ci si nasconde così a carnevale? Ma le maschere del Topeng non si appoggiano sul corpo come le si appendesse alla parete. Non sono state create per nascondere, bensì per innestarsi su di un organismo vivo, che si lasci animare dalla loro identità.
Occorre dunque valutare quanto duttile e recettivo sia il corpo che si offre alla maschera e quindi cercare di scoprirne l'identità: da dove viene, quali storie la attraversano? Chi è che mi schiaccia il viso (topeng significa letteralmente "premuto contro").
Allora potrò cominciare a scoprire come si muove, a sapere che cosa può e deve fare, a conoscerla perché mi conduca. Taksu, lo stato di grazia, l'energia creatrice della danza, potrà così manifestarsi.
Il laboratorio:
Prima di arrivare alle maschere del Topeng occorre conoscere il loro contesto e l'alfabeto del teatro di Bali, che si dispiega in vari stili e forme. Il performer balinese lascia fluire un’energia vibrante, manifestata nei due poli complementari: keras (forte, duro) e manis (dolce, delicato). Il loro contrappunto, le loro gradazioni e sfumature, si ritrovano sia nei generi tradizionali, sia nelle composizioni moderne. Occorre in primis ri-conoscere e coordinare ogni segmento del corpo, risvegliandone l’elasticità e il vigore. Si farà anche una incursione nel Kecak (in origine un canto rituale), dove la coralità delle voci dà vita un magico intreccio sonoro.
La danza guerriera Baris l’esempio per capire l’intreccio tra composizione coreografica e partitura musicale, che ritroviamo nelle danze dei personaggi del Topeng, dove l’attore guida l’orchestra con la sua improvvisazione strutturale.
Le raffinate maschere in legno del Topeng, si muovono secondo precise direttive dettate dal loro rango sociale: alle stilizzate posture e ai passi di danza dei nobili si contrappone la libertà sfrenata dei buffoni. Del loro linguaggio possiamo evidenziare gli elementi universali e vitali: il respiro della maschera, la composizione della partitura fisica, la connotazione del carattere, la deformazione grottesca, i ritmi dei lazzi comici, l'improvvisazione. Gli stessi principi e fondamenti di drammaturgia del personaggio che trovano riscontri e sviluppi in altri contesti e con altre maschere.
Infine spazio libero alla sperimentazione ed invenzione personale, una ricerca aperta all'interazione creativa fra i partercipanti.
Il programma di lavoro specifico di ogni laboratorio sarà in ogni caso definito in rapporto al contesto ed alla disponibilità dei partecipanti.
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